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Fonte: www.consiglionazionaleforense.it/

L'istituto dell'overruling consiste nell'imprevedibile e radicale mutamento di un precedente univoco orientamento giurisprudenziale relativo alle norme regolatrici del processo (Sezioni unite n. 22080 del 2017). Tale istituto è applicabile al procedimento disciplinare? A tale quesito hanno risposto positivamente le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n.11519 del 2 maggio 2025, con cui hanno affermato che l'overruling è applicabile anche al procedimento disciplinare, purché sussistano determinate condizioni. Vediamo quali.

I fatti del processo

Con sentenza n. 290/2024 il Consiglio Nazionale Forense ha confermato le sanzioni disciplinari irrogate dal CDD agli avvocati incolpati per aver violato l'art. 34 del nuovo CDF (azione contro il cliente e la parte assistita per il pagamento del compenso) in quanto hanno mantenuto gli incarichi professionali civili e penali in favore della cliente dopo aver ottenuto contro la medesima un decreto ingiuntivo e la successiva ipoteca giudiziaria.

I ricorrenti hanno impugnato la sentenza lamentando violazione del principio di overruling e dei principi del giusto processo di cui all'art. 111, Cost. e all'art. 6 della CEDU in quanto nel caso di specie

  • troverebbe applicazione il precedente codice disciplinare, che non sottendeva interessi pubblicistici e le cui norme erano derogabili in virtù di accordi;
  • essi avrebbero fatto affidamento su un precedente orientamento giurisprudenziale asseritamente difforme da quello al quale ha aderito il Consiglio Nazionale Forense e precisamente i ricorrenti avrebbero confidato sulla giurisprudenza del Consiglio dalla quale avrebbero dedotto che il consenso prestato dall'assistito escluderebbe il conflitto d'interessi (CNF, sentenza n. 215 del 2013).

 La decisione delle Sezioni Unite

Al riguardo la Suprema Corte ha evidenziato che non sussistono nel caso di specie le condizioni per l'applicabilità dell'istituto dell'overruling, richiamato dai ricorrenti in correlazione con gli art. 111, Cost, e 6 della CEDU. Ciò in quanto affinché si possa applicare l'istituto dell'overruling occorre che l'innovazione giurisprudenziale deve

  • incidere su una regola del processo,
  • essere imprevedibile ovvero
  • seguire ad altra consolidata nel tempo tale da considerarsi diritto vivente,
  • nonché comportare un effetto preclusivo del diritto di azione o di difesa (Cass., S.U., n. 15144 del 2011). Al contrario, i giudici di legittimità hanno rilevato che le sentenze richiamate dai ricorrenti che darebbero rilievo al consenso dell'assistito e sulle quali gli stessi avrebbero fatto affidamento, in realtà non contengono indici riferibili all'istituto dell'overruling.

Peraltro, i giudizi seguiti dai ricorrenti sono iniziati prima dell'entrata in vigore del nuovo codice deontologico forense, approvato con provvedimento del 31 gennaio 2014 del Ministero della Giustizia ed entrato in vigore il 15.12.2014.

Proprio secondo un principio consolidato nella vigenza del precedente CDF, l'illecito disciplinare di cui al previgente art. 46 CDF (ora art. 34 nuovo CDF), non contiene riferimenti al consenso e si configura ogni qualvolta l'avvocato intenta un'azione giudiziaria contro il proprio cliente senza avere preventivamente rinunciato al mandato alle liti, e quindi senza aver evitato, con l'unico mezzo possibile, qualsiasi situazione di incompatibilità esistente tra mandato professionale e contemporanea pendenza della lite promossa contro il proprio assistito (CNF, n. 38 del 2018).

    Questo principio ha trovato conferma nella giurisprudenza di legittimità formatasi nel più ampio alveo della previsione generale sul conflitto di interesse secondo cui "la nozione di conflitto di interessi, ai sensi e per gli effetti dell'art. 24 del vigente codice deontologico forense (già art.37 del codice deontologico forense approvato dal CNF in data 17 aprile 1996) non va riferita, restrittivamente, alla sola ipotesi in cui l'avvocato si ponga in contrapposizione processuale con il suo assistito in assenza di un consenso da parte di quest'ultimo, ma comprende tutti casi in cui, per qualsiasi ragione, il professionista si ponga processualmente in antitesi con il proprio assistito, come quando, nell'ambito di una procedura esecutiva, chieda l'attribuzione di somme del proprio assistito senza sostanzialmente cessarne la difesa, potendo essere il conflitto anche solo potenziale"(Cass., S.U., n. 20881 del 2024) .

    Ne discende che il Consiglio ha valorizzato in modo coordinato una pluralità di elementi storici fonti di convincimento e non si presta a vizi di ragionevolezza, con la conseguenza che la doglianza sulla mancanza di rilievo pubblicistico del precedente CDF e dunque sulla derogabilità delle relative disposizioni risulta priva di rilevanza.

Per questi motivi le Sezioni Unite hanno ritenuto che il profilo di censura relativo all'overruling non è fondato e hanno rigettato il ricorso.