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Con l'ordinanza n. 41484 dello scorso 24 dicembre, la II sezione della Corte di Cassazione ha dichiarato l'inesistenza di un atto di citazione in opposizione al decreto ingiuntivo per mancata sottoscrizione del difensore, in quanto la sigla apposta era indecifrabile e non vi era alcun elemento di riferibilità al difensore di quella sigla.

La Corte, nell'escludere che la sottoscrizione da parte del legale di tutti gli atti successivi del giudizio di opposizione potesse sanare il vizio di sottoscrizione, ha precisato che "la sanatoria ai sensi dell'art. 182 c.p.c. si applica ai difetti di rappresentanza, assistenza o di autorizzazione o a quelli della procura, e non – anche – alla più radicale assenza di sottoscrizione dell'originale dell'atto introduttivo (oltre che della procura), riconducibile all'inosservanza dell'art. 125 c.p.c..".

Nel caso sottoposto all'attenzione della Cassazione, un avvocato otteneva un decreto ingiuntivo per i compensi professionali maturati quale domiciliatario di uno studio professionale associato.

L'associazione professionale notificava un atto di citazione in opposizione al decreto ingiuntivo, dando così avvio a un giudizio di opposizione.

L'avvocato opposto, costituendosi in giudizio, eccepiva la paternità di sottoscrizione dell'atto introduttivo evidenziando come non si potesse attribuire al difensore dell'Associazione la paternità dell'indecifrabile sigla apposta in calce all'atto di opposizione. 

Il Tribunale, dopo aver evidenziato che la sigla apposta in calce alla citazione non fosse attribuibile al difensore, rigettava l'opposizione, osservando che, in presenza di una contestazione specifica e circostanziata della paternità della sottoscrizione, era onere dell'opponente provare che l'indecifrabile sigla apposta sulla citazione fosse effettivamente la firma del difensore, non rilevando la conferma o la successiva ratifica da parte del difensore stesso.

Ricorrendo in Cassazione, l'Associazione Professionale e il suo difensore eccepivano la violazione degli articoli 125, 163 e 182 del codice di procedura civile, evidenziando come la citazione poteva ritenersi inesistente solo ove nessuna sottoscrizione fosse stata apposta dal difensore, mentre, nella specie, l'atto doveva considerarsi sottoscritto mediante l'apposizione della sigla presente in calce alla citazione.

Secondo i ricorrenti, inoltre, il difetto di sottoscrizione, ove sussistente, era stato sanato mediante la successiva ratifica da parte dell'avvocato, che aveva anche sottoscritto tutti gli atti successivi del giudizio di opposizione.

La Cassazione non condivide le doglianze sollevate dai ricorrenti.

La Corte ricorda che l'originale dell'atto introduttivo del giudizio privo di sottoscrizione del procuratore della parte (o della firma digitale sull'atto introduttivo in formato elettronico) è inesistente, perché privo dell'elemento indispensabile per la sua formazione fenomenica, non realizzandosi quella consistenza che permetta una valutazione giuridica in termini di invalidità o di nullità, non potendo assumersi prove esterne sull'identificazione del suo autore, perché non idonee a costituire il necessario collegamento tra scrittura e sottoscrizione, quali la sottoscrizione della nota di iscrizione a ruolo e la conformità dell'originale alla copia notificata, perché non idonee a sanare il vizio dell'inesistenza dell'atto processuale. 

 Il difetto di sottoscrizione è escluso solo nel caso in cui la riferibilità dell'atto processuale di costituzione sia desumibile da altri elementi "risultanti o individuati nell'atto stesso" e che consentano di superare ogni incertezza sulla sua provenienza, come quando consti l'indicazione - nella relazione dell'ufficiale giudiziario - che la notifica dell'atto è stata effettuata ad istanza di quel difensore o quando risulti la firma del difensore con cui venga certificata l'autenticità della sottoscrizione per il rilascio del mandato ad opera della parte.

Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini rilevano come i giudici di merito si siano attenuti ai principi sopra richiamati non venendo in gioco alcun elemento che consentisse di riferire l'atto processuale al difensore.

In particolare il Tribunale, dopo aver ritenuto, in base agli elementi acquisiti in comparazione, che non vi fosse alcun elemento di riferibilità al difensore dell'indecifrabile sigla apposta in calce all'opposizione, ha anche ribadito l'impossibilità di sanare il vizio di sottoscrizione e la stessa irrilevanza di un'eventuale ratifica, essendo comunque preclusa la sanatoria ai sensi dell'art. 182 c.p.c., in quanto tale previsione si applica ai difetti di rappresentanza, assistenza o di autorizzazione o a quelli della procura, e non – anche – alla più radicale assenza di sottoscrizione dell'originale dell'atto introduttivo (oltre che della procura), riconducibile all'inosservanza dell'art. 125 c.p.c..

In conclusione, la Cassazione rigetta il ricorso con condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio e al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso.