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Le bestialità del dj di Mazara del Vallo sono ormai leggendarie, ma c'è poco da ridere perché le sue lampanti inadeguatezze intellettuali riguardano la libertà delle persone.

Ha tentato di biascicare qualche scusa, ma è patetico. Ormai le castronerie giuridiche del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede sono diventate un cult: perle di ignoranza che costerebbero la bocciatura ad uno studente di vent'anni. Le bestialità del dj di Mazara del Vallo sono ormai leggendarie, ma c'è poco da ridere perché le sue lampanti inadeguatezze intellettuali riguardano la libertà delle persone. L'ultimo strafalcione di Fofò DJ è andato in onda durante una puntata di Otto e Mezzo su La7. Si parlava di riforma della prescrizione, entrata in vigore il primo gennaio e che prevede il blocco della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, che sia di condanna o di assoluzione. Durante la discussione la giornalista di Repubblica, Annalisa Cuzzocrea, chiede a Bonafede cosa pensasse delle persone che finiscono in carcere e che poi si scopre che sono innocenti. La risposta del ministro lascia sbalordita la giornalista: "Cosa c'entrano gli innocenti che finiscono in carcere? Gli innocenti non finiscono in carcere". Ma è la stessa Cuzzocrea a sottolineare subito i dati che smentiscono Bonafede: "Dal 1992 al 2018 27mila persone sono state risarcite dallo Stato perché sono finite in carcere da innocenti, quindi gli innocenti finiscono in carcere".

No caro ministro Alfonso Bonafede, in galera purtroppo possono finirci anche gli innocenti. Per questo la nostra Costituzione prevede,la possibilità di ricorrere in Cassazione contro ogni provvedimento, tre gradi di giudizio e la possibilità di revisionare i processi". Lo scrive su twitter l'ex ministro della Gustizia Andrea Orlando. I dati sono quelli del sito errorigiudiziari.com, che da anni raccoglie tutti i casi di questo genere. E purtroppo non è tutto. Bisogna infatti aggiungere, a quelle, anche le persone comunque ristrette in custodia cautelare e poi assolte, ma senza indennizzo perché, in questi casi, invece si dice che "l'articolazione del quadro probatorio" era tale da giustificare l'ipotesi accusatoria. Cioè, abbiamo sbagliato, ma decidiamo noi quando l'errore è scusabile. Non solo Tortora, è appena il caso di ricordare il povero Giuseppe Gulotta sbattuto in galera da ragazzo e liberato dopo ventidue (22) anni di carcere che, non solo non aveva commesso alcun reato, ma addirittura era stato torturato e costretto a confessare. Lo Stato ha risarcito Gulotta con sei milioni e mezzo di euro, e probabilmente dovrà pagarne altri per le torture subite. L'avvocato Bonafede si esibisce poi in un goffo tentativo di spiegazione: «La mia frase non poteva destare equivoci. Quando ho detto che gli innocenti non vanno in carcere mi riferivo a coloro che vengono assolti». E ci mancherebbe altro... Pezo el tacòn del buso, direbbero in Veneto.

In realtà Bonafede ha detto per due volte in televisione che «gli innocenti non finiscono in carcere», prima di dover smentire se stesso. Era già successo, recentemente, quando sempre in tv aveva spiegato che «quando in un reato non si riesce a dimostrare il dolo e quindi diventa un reato colposo ha termini di prescrizione molto più bassi» inventando una categoria di reati (la corruzione colposa, per esempio, non esiste) che non compaiono nel codice penale. Anche in quel caso si era giustificato, spiegando che aveva un po' semplificato i concetti per farsi capire dai non addetti ai lavori. Bonafede -vale la pena ricordarlo- è avvocato, anche se le sue uscite fanno dubitare sulla solidità della sua preparazione giuridica. Ma la serie è lunga. In una delle prime interviste dopo la nomina, Bonafede spiega che quando un ministero viene condannato a risarcire un cittadino per costringerlo a pagare serve «un decreto ingiuntivo» (errore da matita blu, basta un atto di precetto); rispuntano le dichiarazioni in cui per difendere l'ergastolo «ostativo», criticato dalla Corte europea dei diritti dell'Uomo, il Guardasigilli si avvita dicendo «eeeeh faremo in modo di far valere le nostre ragioni in tutte le sedi eeeh opportune» (quali?), «è una decisione presa tanti anni fa sulla base di input ricevuti da magistrati che sono morti per combattere contro la mafia» (quali?). Ma la più gettonata è la prolusione davanti alla polizia penitenziaria in cui Bonafede afferma che «quando si fa la facoltà di giurisprudenza hai plasticamente in mente un percorso della giustizia e questo percorso inizia con le indagini, prosegue nel processo e si conclude con la condanna. Fine». Della possibilità che un processo possa concludersi con l'assoluzione dell'imputato il ministro sembra non avere notizia: forse all'università non gliel'hanno spiegato, oppure ha bazzicato eccessivamente procuratori convinti che al mondo «non ci sono innocenti, ci sono solo colpevoli che sono riusciti a farla franca».