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 Fonte: https://codicedeontologico-cnf.it/

Con sentenza n. 420 del 13 novembre 2024 il Consiglio Nazionale Forense, ha affermato la responsabilità disciplinare dell'Avvocato che vìoli i propri doveri famigliari in quanto, pur trattandosi di condotte che non riguardano in senso stretto l'esercizio della professione, in ogni caso ledono gli elementari doveri di probità, dignità e decoro e compromettono l'immagine dell'avvocatura.

Analizziamo la vicenda che ha dato luogo alla pronuncia.

I fatti del procedimento

Un avvocato è stato segnalato dalla propria ex moglie per aver tenuto numerose condotte in violazione di doveri deontologici, tra cui:

  • l'omesso versamento sia dell'assegno di mantenimento alla moglie e ai due figli, sia delle spese mediche e scolastiche di questi ultimi;
  • l'aver dolosamente danneggiato l'autovettura di proprietà dell'esponente che era stata adattata per il trasporto della figlia disabile, comportamento questo per il quale l'avvocato ha anche subìto un provvedimento da parte del Presidente del Tribunale ed è stato condannato a risarcire i danni ex art. 709 c.p.c.

 All'incolpato è stata, quindi, contestata la violazione di varie norme deontologiche e, in particolare,

  • dell'art.9 CDF che impone all'avvocato di osservare anche al di fuori dell'attività professionale i doveri di probità, dignità e decoro, nella salvaguardia della propria reputazione e della immagine della professione forense;
  • dell'art.63 n. 1 CDF che impone all'avvocato di comportarsi, nei rapporti interpersonali, in modo tale da non compromettere la dignità della professione e l'affidamento dei terzi;
  • dell'art.64 n. 2) CDF a norma del quale "L'inadempimento ad obbligazioni estranee all'esercizio della professione assume carattere di illecito disciplinare quando, per modalità o gravità, sia tale da compromettere la dignità della professione e l'affidamento dei terzi."

Nel corso del procedimento lo stesso incolpato ha ammesso di aver tenuto le condotte addebitategli, con la conseguenza che il CDD, riconoscendone la rilevanza deontologica, ha inflitto all'incolpato la sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio della professione per due mesi.

L'incolpato ha impugnato dinanzi al Consiglio Nazionale Forense la decisione escludendo la sua responsabilità disciplinare e ritenendo in ogni caso di aver pagato i suoi debiti per compensazione con i crediti derivanti dalle condanne alla rifusione delle spese dei giudizi intercorsi con la moglie.

La decisione del Consiglio Nazionale Forense

Quanto all'omesso pagamento delle obbligazioni nei confronti della moglie e dei figli il Collegio ha ritenuto la sussistenza dell'illiceità della condotta ascritta all'incolpato per una duplice ragione:

  1. sia perché ammesso dallo stesso incolpato,
  2. sia perché tale circostanza si evince dalla sentenza del Tribunale resa nel giudizio di opposizione al precetto per crediti alimentari impagati, spese di giustizia e somme oggetto di condanna ex art. 709 ter c.p.c. Al riguardo il Collegio ha rilevato che la stessa sentenza ha dichiarato la non compensabilità dei crediti asseritamente vantati dall'incolpato nei confronti della moglie con i debiti per assegni di mantenimento.

 In relazione al danneggiamento dell'autovettura il Consiglio ha rilevato come tale gesto, pur riconducibile a un moto di rabbia, costituisce una condotta riprovevole e indicativa di per sé di assoluta mancanza di autocontrollo.

Per di più la gravità della condotta risulta accentuata dalla circostanza di essere stata tenuta alla presenza dei due figli minori, ovviamente spaventati dal comportamento paterno. Infatti, proprio in conseguenza di tale episodio il Tribunale ha temporaneamente sospeso gli incontri padre-figli disponendo per questi ultimi un periodo di osservazione da parte degli operatori addetti al fine di valutare la ripresa dei rapporti con il genitore.

Per quanto riguarda il risarcimento del danno arrecato, che a dir del ricorrente sarebbe stato compensato con le condanne al risarcimento delle spese liquidate a carico alla moglie nei diversi procedimenti intercorsi tra i coniugi, diversamente da quanto asserito dal ricorrente, il Collegio ha evidenziato come in realtà tale ristoro non sia intervenuto in quanto i crediti opposti in compensazione derivano da una sentenza provvisoriamente esecutiva e secondo l'orientamento giurisprudenziale "un credito derivante da una sentenza provvisoriamente esecutiva non è opponibile in compensazione perché tale titolo può subire modificazioni a seguito dell'impugnazione in corso, mentre l'operatività dell'effetto estintivo presuppone il definitivo accertamento del credito da opporre in compensazione, e quindi non può derivare da statuizioni provvisorie" (cfr. Cass. Civ. 12.04.2011 n° 8338).

Per questi motivi il Consiglio Nazionale Forense ha respinto il ricorso.