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Le Casse e gli enti previdenziali, tra cui rientra Cassa forense, sebbene siano stati oggetto di privatizzazione, svolgono comunque funzioni istituzionali che trovano anche una rispondenza nell'art. 38 della Costituzione e rientrano nella sfera dei soggetti che gestiscono un servizio di rilievo pubblicistico (art. 2, comma 2, lett. b, CAD – codice dell'amministrazione digitale). Proprio in forza di tanto essi sono sottoposti al controllo della Corte dei conti sulla gestione che ne assicura la legalità e l'efficacia, con l'ovvia conseguenza che agli stessi è estesa l'obbligatorietà dell'utilizzo della piattaforma PagoPA.

Questo è quanto ha statuito il Consiglio di Stato con sentenza n. 1931 dell'08 marzo 2021.

Ma vediamo nel dettaglio la questione sottoposta all'esame dei Giudici amministrativi.

I fatti di causa

Le Casse e gli enti previdenziali privatizzati, tra cui Cassa forense, hanno impugnato le "Linee guida per l'effettuazione di pagamenti a favore delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi. Determina n. 209/18", adottate dall' AGID, nella parte in cui prevedono l'adesione al sistema "PagoPA" anche per gli enti "di cui all'elenco annuale ISTAT relativo alle amministrazioni pubbliche inserite nel conto consolidato [...], e quindi anche per gli enti e le Casse previdenziali" ricorrenti. Secondo questi ultimi tale estensione è illegittima in quanto le Casse e gli enti in questione non rientrerebbero tra le pubbliche amministrazioni o tra i gestori di pubblico servizio, né tra le società in controllo pubblico, per via della privatizzazione. 

Infatti i ricorrenti sostengono che essi sono soggetti di diritto privato (sotto forma di associazione o fondazione), pur essendo stati successivamente inseriti nell'elenco ISTAT.

È accaduto che in primo grado il ricorso è stato accolto.

Così il caso è giunto dinanzi al Consiglio di Stato.

Ripercorriamo l'iter logico-giuridico seguito dai Giudici d'appello.

La decisione del CdS

Ad avviso del Consiglio di Stato, le Casse e gli enti previdenziali, pur essendo stati oggetto di privatizzazione, svolgono un'attività dal carattere pubblicistico, qual è appunto quella istituzionale di previdenza e assistenza. Ne consegue la conservazione, da parte di tali soggetti, della funzione strettamente correlata all'interesse pubblico. E ciò in considerazione del fatto che la privatizzazione è solo un'innovazione che risponde a un'esigenza di tipo essenzialmente organizzativo. Orbene chiarito questo, i Giudici d'appello fanno rilevare che, d'altro canto, le Casse e gli enti previdenziali, svolgendo funzioni istituzionali che trovano anche una rispondenza nell'art. 38 della Costituzione, sebbene non possano definirsi come soggetti rientranti nell'ambito della pubblica amministrazione, sono soggetti che possono essere attratti nella sfera di quelli che gestiscono un servizio di rilievo pubblicistico (art. 2 comma 2, lett. b, CAD), tanto che gli stessi sono sottoposti al controllo della Corte dei conti sulla gestione, per assicurarne la legalità e l'efficacia. Il rilievo pubblicistico della funzione svolta dai ricorrenti è anche confermato dal fatto che essi: 

  •  sono inclusi nel conto consolidato ISTAT,
  • fruiscono di finanziamenti pubblici, sia pure in modo indiretto e mediato attraverso risorse comunque distolte da quelle destinate a fini generali (si pensi agli sgravi, alla fiscalizzazione degli oneri sociali, alla previsione della obbligatorietà della iscrizione e della contribuzione).

Ciò premesso, tornando all'obbligo di accettare i pagamenti in modalità elettronica attraverso la piattaforma "PagoPA", detto obbligo parrebbe imposto solo ai soli soggetti di cui all'art. 2 comma 2 CAD, tra i quali, oltre alle pubbliche amministrazioni, rientrano i gestori di pubblici servizi, ivi comprese le società quotate, in relazione ai servizi di pubblico interesse. Ne consegue che, alla luce delle considerazioni su esposte, l'obbligatorietà dell'utilizzo della piattaforma PagoPA si estende anche ai ricorrenti, in quanto i) soggetti rientranti tra i gestori di un servizio di pubblico interesse, ii) soggetti inseriti nel conto ISTAT "consolidato". Né osta, a tale conclusione, la circostanza che i soggetti ricorrenti non sono destinatari delle norme qualificate come di razionalizzazione della spesa pubblica, e ciò in considerazione del fatto che la disciplina della revisione della spesa pubblica concerne un profilo tutt'affatto diverso rispetto all'utilizzo di un'unica piattaforma tecnologica per l'effettuazione dei pagamenti e degli incassi.

In forza di tali argomentazioni, pertanto, i Giudici d'appello hanno rigettato le doglianze delle Casse e degli enti previdenziali e hanno riformato la sentenza di primo grado.