Amministratore revocato senza giusta causa va risarcito?

Riferimenti normativi: Artt.1129 - 1130 - 1703 - 1223 c.c.

Focus: L'amministratore di condomìnio revocato senza giusta causa ha diritto solo al compenso oppure anche al risarcimento del danno?

Principi generali: Si premette che tra l'amministratore ed il condomìnio intercorre un rapporto fiduciario. Rapporto configurabile come mandato di natura onerosa con rappresentanza, ai sensi degli articoli 1129 e 1130 c.c., poiché l'amministratore percepisce un compenso per l'attività svolta e gli atti da esso compiuti producono i propri effetti giuridici direttamente in capo al condomìnio. Tale natura contrattuale è desumibile anche dall'art.1131, comma 1, cod.civ., secondo cui "l'amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti", e dall'art.65 delle disposizioni di attuazione del codice civile che definisce l'amministratore "legale rappresentante dei condomìni".Il venire meno del rapporto fiduciario tra il condomìnio e l'amministratore può comportare la revoca del mandato. Ci si chiede se, in tal caso, sia applicabile l'art.1725 c.c. secondo cui "la revoca del mandato oneroso, conferito per un tempo determinato o per un determinato affare, obbliga il mandante a risarcire i danni, se è fatta prima della scadenza del termine o del compimento dell'affare, salvo che ricorra una giusta causa" e, quindi, se il condomìnio sia tenuto a risarcire il danno all'ex amministratore.

La Corte di Cassazione, sez. civ. 2, con l'Ordinanza n.7874 del 19 marzo 2021 è stata chiamata a pronunciarsi sulla questione a seguito di ricorso presentato dall'ex amministratrice di un condomìnio avverso la sentenza n.5874/2015 emessa dal Tribunale di Palermo parzialmente favorevole alla stessa, in assenza di difesa da parte del condomìnio. Il giudice di appello aveva riconosciuto che all'ex amministratrice del condomìnio, nominata dall'assemblea con incarico annuale e revocata prima della scadenza del mandato, spettasse solo il saldo del compenso fino all'esaurimento del rapporto e non anche il risarcimento del danno, ex art. 1725 c.c., ritenendo applicabile l'art.2237 c.c. per recesso in materia di professioni intellettuali. L'ex amministratrice con ricorso in Cassazione sosteneva che l'art. 2237 c.c. non fosse applicabile alla fattispecie ritenendo, invece, applicabile l'art. 1725 c.c. essendo assimilabile l'amministratore condominiale ad un mandatario con rappresentanza. La Suprema Corte, nell'esaminare la questione, ha richiamato la giurisprudenza prevalente secondo la quale può trovare residuale applicazione la disciplina del contratto di mandato (Cass. sent. n.20137/2017; Cass. sent. n.9082/2014; Cass. sent. n. 14197/2011). 

Essa ha ritenuto che il contratto tipico di amministrazione di condomìnio, disciplinato dagli artt. 1129, 1130 e 1131 c.c., non costituisce prestazione d'opera intellettuale, atteso che l'esercizio di tale attività non è subordinata all'iscrizione in apposito albo o elenco ma al possesso di determinati requisiti di professionalità ed onorabilità, e, quindi, rientra nell'ambito delle professioni non organizzate in ordini o collegi, di cui alla L. n.4 del 14 gennaio 2013. Poiché l'art. 1129 c.c. prevede che l'incarico dell'amministratore, della durata di un anno, possa essere revocato in ogni tempo dall'assemblea, come chiarito dalla Cass. Sez. Un. 29/10/2004, sent.n. 20957, la previsione della revocabilità da parte dell'assemblea conferma che il rapporto intercorrente tra condomìnio ed amministratore è assimilabile al mandato. Mandato che si presume oneroso conferito per un tempo determinato. La Suprema Corte ha enunciato il principio di diritto secondo cui "L'amministratore di condominio, in ipotesi di revoca deliberata dall'assemblea prima della scadenza del termine previsto nell'atto di nomina, ha diritto, oltre che al soddisfacimento dei propri eventuali crediti, altresì al risarcimento dei danni, in applicazione dell'art. 1725 c.c., comma 1, salvo che sussista una giusta causa, indicativamente ravvisabile tra quelle che giustificano la revoca giudiziale dello stesso incarico". Infatti, poiché l'art. 1129 c.c. prevede unicamente il potere di revoca dell'assemblea, senza regolarne gli effetti, si applica analogicamente l'art.1725, comma 1, c.c. Di conseguenza, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso cassando la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale, in persona di diverso magistrato, per riesaminare la causa uniformandosi al principio di diritto da essa enunciato.